Marco Carrer
Nationality: 159
Email: marcocarrer1112@gmail.com
Nationality: 159
Email: marcocarrer1112@gmail.com
Marco Carrer
Mi chiamo Marco Carrer, ho 19 anni, e sono di Treviso. Nella vita sto studiando per diventare ballerino, ho studiato tre anni all’accademia del Bolshoi a Mosca e terminerò i miei studi all’ European School of Ballet ad Amsterdam.
Ho iniziato a scrivere poesie durante l’ultimo anno di studio a Mosca e da allora non ho più cessato. Attualmente non ho ancora pubblicato il mio primo libro, ma ho tutta l’intenzione di giungere presto a questo risultato Sono inoltre stato ospite d’onore al secondo congresso di wikipoesia .
Sono membro dell’ Unione Mondiale dei Poeti ed anche l’unico ballerino al mondo detenitore del premio "STEEL CROSS OF THE WORLD UNION OF POETS FOR DANCE International Prize of the World Union of Poets“ , conferitomi dal cavaliere della repubblica italiana Silvano Bortolazzi per i meriti nella danza . Per quanto riguarda la storia della mia vita con la danza se cercherete su internet troverete tutte le mie interviste...
BELLA
Bella…
Capelli bruni come i più maturi marroni,
occhi come smeraldi al sole,
pelle morbida di bianca seta.
Bella come la notte più scura,
come l’alba accecante,
come l’ardente tramonto.
Le tue labbra,
rose di cui bramo le spine.
Il tuo odore,
fuoco divampante in cui sogno bruciare.
Tu, madre del carnal desiderio
che m’irrigidisce le membra
e il pensier m’oscura.
Tu, che de la ragion privasti l’esser mio
e m’imprigionasti in questa gabbia d’ossessione.
La voglia che sale, mi percuote, mi consuma
giacché privato del lascivo tuo frutto.
S’anche velen tu fossi, ti berrei,
perché meglio saria morir di te,
che viver di tua sete.
INCONTRIAMOCI SOTTO LA PIOGGIA
Incontriamoci sotto la pioggia,
dove del bosco la fin sopraggiunge.
Là orecchie tue udiranno
parole mute del cielo.
Gocce pesanti cadranno
su quella tua fulva chioma,
che bagnata emana odor
di passionali rimembri.
Passeranno le mie dita frementi
sulle tue roride guance,
che di vermiglio tinte
accenneranno sorriso.
Labbra tue sì piacenti
le mie chiameranno
ad unirsi in un piangente bacio
che griderà l’amore ferito.
A me forte ti stringerai
sicché braccia non vorranno lasciarti,
ma sofferente farò scivolar via
il tuo corpo e il tuo pensier.
Il temporale laverà del dolor l’arsura,
e sotto le nubi gli occhi guarderanno
andar via ciò di cui il cor visse,
sotto lo scroscio ch’annacqua il senso.
QUEL BACIO
Quel bacio
dato la notte,
avvolto nel buio
agli sguardi sfuggente.
Abbracciati nel silenzio
tra ombra e bruma intrecciati,
mentre tempo cessa
e sordo sei allo scorrer suo.
Bacio cieco
ampliato nei sensi
lo senti tra la pelle
nel respiro
nei frementi tremori.
Un bacio in cui ti perdi
e poi nascondi,
spaesato nel limbo
dei sensi d’amor colmi.
E ti coccola la mente
che col cor pensa,
cor gioioso eppur
da gioia spaventato.
Lo sgomento del fervore
quando amor perviene
alle umane membra
che intrinseche d’esso gemon
alle fredde vampate e ai caldi brividi.
Mentre istinto e passione
la via apron all’ardore,
che rapisce col suo canto
dal dolce fiele.
Quel bacio solitario
che nasce e vive di tumulto,
fino a morire al distacco
da labbra che lo han generato.
L’ ultimo instante
prima di cessare l’incanto
e non lasciare all’altro
che il ricordo dell’emozione
resa tramite noi tangibile.
IL VESPRO DOPO LA TEMPESTA
Da poco cessato era
quel rumoroso scrosciar di pioggia,
e ancor si sentia nell’aria
l'umido canto.
Mentre l’odor delle bagnate fronde
s’addentrea dolcemente nel respir mio,
i miei attoniti occhi, viandanti tra i cespi,
si compiacean in quel placido mirar.
I mogi steli d’erba, gentilmente venian
scossi dal vento,
il quale li privea di quelle
vitree perle di serale rugiada.
La lavanda e la fresia
unian insieme il profumo,
e quel lor florido aulire
risvegliea in me profonde
memorie, ch’eran da tempo perdute
nei temporali del passato.
Levando gli occhi e posandoli sulle piante
che dinnanzi a me s’ergean, il cor mio,
alla vista dell’ultime gocce cadenti
dal fogliame, si commovea,
dacch’esse lagrime parean,
scivolanti per le legnose gote
dell’assopito frassino.
Ancor più in alto, oltre quei rami,
nell’immenso cielo, le nuvole
ancor grigie di tuono,
coprian l’ormai sereno giardino.
Lentamente però, andavan poco a poco
diradandosi, permettendo così di goder
di quella lucente melodia di sette toni.
Lì, all’ interno di quell’ameno
paesaggio, una profonda
quiete pacò l’animo mio.
Quella fresca quiete
del vespro dopo la tempesta.
L’UOMO DEL PONTE
Stellato il cielo
in quella calda serata di luglio,
il lunare riflesso
godeva di curioso spettatore.
Un uomo fermo stava
a riflettere sul ponte,
sguardo fisso e vuoto
all’infinito propagato.
Passeggiavo io quel giorno
nei pressi dell’acque,
e passato oltre
voce lieve chiamò.
Tu ragazzo ascolta,
giacché ora ti dirò
ch'è ben che sappi
ciò ch’io vedo nell’onde.
Il fiume, pur sì forte e potente
non può su alla sorgente risalir,
avanti solo andar può
fino al suo marino sfociar.
Così in nostra vita
solo avanti andar possiamo,
ma a noi la scelta
se dalle rocce farci scalfir
o levigandole passar oltre
sino alla foce del nostro destino.