Claudio Gamberoni
Nationality: 159
Email: gamberoni.claudio@libero.it
Nationality: 159
Email: gamberoni.claudio@libero.it
Claudio Gamberoni
Claudio Gamberoni - È nativo di Ferrara, città in cui è cresciuto e si è formato e che ha in seguito abbandonata per vivere in una comunità più ristretta e a contatto della natura.
Affascinato fin da giovane dalla poesia, solo in tarda età ha pubblicato alcuni suoi testi nei due libri: "io siamo", con Este Edition nel 2010, e "aggrappati stiamo", con Kolibris nel 2017 ( entrambe, le case editrici sono di Ferrara). Nella sua poesia, che possiamo definire ermetica, tratta di meditazioni interiori indotte dall'esterno, meditazioni sulla vita, sul tempo e sulla memoria, a volte religiose.
LUNGO QUELLA VIA
Lungo quella via ancora l'eco sorda
di un portone richiuso risuona nel mio petto
e mi scava dentro come fosse una mano
il silenzio trovando del rumore
di quella porta che, quand'ero piccolo,
chiudendo aprivo, sull'infinito
di un piccolo cortile.
L'UOMO DI NEVE
Il cielo quasi nero presagisce
neve, in questo meriggio d'inverno.
Dal cielo scuro il bianco cadrà
e tutto di silenzio coprirà,
anche quei campi dove si ostinano
le urla dei bimbi già intenti a fare
l'uomo di neve che un poco per volta
il tempo sfalderà
in tutto questo spazio che circonda.
NEL CERCHIO
Chissà dov'è finito quel trenino
dall'andare costretto nel cerchio dei binari
- con cui giocavo spesso da bambino.
Lo ricordo guardando l'orizzonte,
quel cerchio che ha racchiuso
(ora grande ora stretto)
sempre questa mia vita
e il mio viaggiare attorno al sole, lungo
l'ellisse della terra
correndo verso un domani che come
un orizzonte resta
irraggiungibile, sempre un domani.
QUELLA STORIA
A J. Saramago
Avevano il sapore delle stelle cadenti
quei fichi al mattino mangiati
dopo la notte passata
sotto le grandi foglie:
ricordi nonno tutti quegli “e poi?”
Il tempo muoveva il firmamento
e le tue labbra raccontavano quella storia
che non finiva mai
“e poi?” … “e poi?” … “e poi?”
Poi tutto svaniva nel sonno
in quei miei occhi chiusi fino al mattino …
e al risveglio tu più non c'eri
eri là che pascolavi le mucche
e le capre, lassù
tra quell'erbe cresciute nella notte.
Oggi la nube oscura il cielo
e gialla è l'atmosfera oltre la finestra
e io sono qui, a continuare quella storia
che le tue labbra più non mi raccontano.
QUEL CHE DOLORA
Quel che dolora di questo flagello,
Padre mio, non è la carne
che la frusta stacca da questo corpo
che Tu stesso hai voluto che io avessi,
né il sangue caldo che sento
lungo la schiena scorrere.
Ma queste grida di genti,
della mia sofferenza compiaciute, dolorano
e il silenzio di coloro che restano
alla sofferenza indifferenti. Padre
cosa vuoi che sia il peso di questa croce
che fin là sul monte devo trascinare:
l’alleggerisce quella cima
che s’avvicina al mio sguardo;
quella cima dove so
che tutta questa sofferenza finirà. Là,
dove nell’ultimo mio grido, liberato
da ogni attaccamento alla terrena vita,
a Te tornerò.
Ma a loro, Padre, che qui restano
a questa terra legati senza sapere dove
e quando la loro sofferenza avrà fine,
basterà questa speranza
che con questo mio sacrificio gli porto?
La capiranno loro, uomini, Padre mio?