Luciano Bonvento
Nationality: 159
Email: luciano@bonv.it
Nationality: 159
Email: luciano@bonv.it
Luciano Bonvento
Luciano Bonvento nato Cantonazzo, frazione di Rovigo, dopo un girovagare per lavoro a Monza, Muggiò e Castelmassa approdo nella mia città, Rovigo, per lavorare nel locale ospedale civile con il diploma di infermiere. Sono residente a Buso, sempre una frazione del comune di Rovigo. Pensionato. Amante della poesia ( vedi curriculum )
Breve curriculum personale
Da anni mi dedico alla poesia,
nella quale ritrovo
me stesso e l’amore per le cose,
il calore e le immagini
della gente, le realtà della mia terra
che di giorno in giorno vivo.
Ho partecipato a vari concorsi letterari
ottenendo lusinghieri risultati
“molti primi premi„ ( oltre 50)
segnalazioni e premi speciali,
mie poesie sono state inserite
in varie antologie e giornali specializzati.
Negli anni 80 - ho condotto un programma
Radiofonico dedicato alla poesia,
altre volte, presente come ospite in trasmissioni,
sia radiofoniche che televisive. Ho partecipato come intrattenitore a varie serate di poesia organizzate da associazioni competenti.
Ho partecipato con esito favorevole
(3°) con solo applausi
alla trasmissione televisiva di
CANALE 5 la CORRIDA condotta da
Corrado Mantoni.( La mia esibizione è presente su You Tube o su Google chiamando
( poeta Luciano Bonvento alla Corrida )
Sono stato per 12 anni, poeta
E corista del Gruppo Popolare Musicale
Cante e Ciàcoe di Rovigo.
Ho dato alle stampe alcune raccolte di poesie
ottenendo lusinghieri riscontri.
Nota personale: - “ La mia specialità è „ scrivere in dialetto, pur non trascurando l’Italiano.
Mi chiamasti da albe sconosciute
per portarmi
nei sentieri dei giorni.
Fin dal primo vagito
il tuo sorriso fu per me:
il sole, la carezza
l’abito d’amore
il tuo sguardo, la mia strada
i tuoi occhi, il mio cielo.
Dalle tue labbra, mai sentii
pronunciar parola
che non fosse per me
segno del tuo amore.
Le tue lacrime
nascevano dal cuore
e spine nell’anima
sentivi quando
nei miei giorni apparivano
grigi orizzonti
o le mie strade
si facevano erte od ombrose.
Il tuo cuore, un campo Ubertoso
dove cresceva un gigante fiore:
quel fiore si chiamava:
Amore, amore di mamma.
Quattro passi lungo l’Adige
Crespe sull’acqua picchiata dal vento,
corre l’Adige da riva a riva trasparente
e dentro un remare di memorie,
pescatori erranti su vecchi barconi.
Qui il tempo è rimasto l’occhio muto
di tante infanzie finite, il pensiero
delle corse scalze, degli aquiloni,
delle parole divenute orme sull’anima,
con gli argini a scrivere la storia
di soldati con le bandiere della guerra
che il rosario – pensiero del cuore -
ancora non ha cancellato.
Accovacciato sull’albero della riva
è solitario il merlo in autunno,
ombre di nebbie, di terra cruda
con l’airone nascosto negli occhi della sera,
profumo d’uva sulle aie dei mosti.
Non so se sono questi rossi tramonti
da argine ad argine a meravigliarmi,
a raccontarmi madrigali di stelle,
come quando la luna luccicava ruffiana
nei nostri occhi di ragazzi innamorati,
ma io so che i miei sogni ondeggiano
ancora prima di addormentarmi.
Con il vento nei capelli, e nelle mani
tutto il giallo e l’azzurro del giorno,
ascolto dal vecchio borbottare dell’acqua
fantasie dimenticate sulle piccole spiagge
con il verde dell’estate e delle farfalle
che ancora mi volano intorno:
intanto che muovo quattro passi
chiacchierando con i miei ricordi.
Contadini del passato
Avevano tutti i campi disegnati
dentro il silenzio degli occhi,
stagione dopo stagione,
passavano sopra il credo dell’anima
sempre dicendo: - Forse domani.
Uomini cresciuti masticando pazienza,
abituati a stringere la speranza
dentro le tasche bucate del cuore.
Ogni campo dava il suo frutto
ma nessuno poteva fermarsi per dire:
- Speriamo. Tutto era importante,
anche i ricordi venivano tenuti a credito
tutto può servire – dicevano i vecchi –
Che ci fosse il sole, o pioggia, bisognava andare.
L’ho visto io mio nonno vestito di vento
ritornare dai campi bagnato di guazza
e con la voce che si faceva sillaba di pensiero
urlare sul filo del silenzio tutti i suoi sogni.
Ogni uomo era un discorso scritto
nella storia della terra e della fatica,
con i giorni a raccontare le lacrime del cuore.
Uomini d’una volta, uomini di campagna
uomini ancora prima d’essere giovani.
Gioventù passata dentro una corsa arrabbiata,
come tizzoni a bruciare sotto la cenere,
con la voglia di fuggire via dal tempo,
da un sogno che rimaneva a penzoloni
sulle pagine lacerate d’un povero calendario
ad aspettare che il Signore mandasse giù il tetto.
Libero era il vento
Era come nascere ogni mattina
con una nuova speranza nel cuore
quel nostro andare nel sole,
disseminato lungo la strada del credo
fino a dove arrivava l’occhio per vedere.
Libero era il vento
sulle braccia aperte dei balconi,
sui gerani rossi che coloravano
profili di case basse e screpolate.
È inutile ora
cercare il tempo dei rimpianti
sulle pietre d’un vecchio muro,
che non ha memoria delle primavere,
strette dentro le nostre mani di bambini
o di quel credere all’amore
con le ali grandi dei sogni.
Fuggì veloce
la purezza delle corse scalze
lungo i sentieri dell’infanzia
e quel giocarsi i giorni dell’innocenza,
affascinati dalla nenia di una conta,
inventando mondi colorati
dove vivere
con l’animo a penzoloni dentro una favola.
Si sono fermati i passi verdi
dei nostri anni più belli, si sono fermati là
dove la riva della sera sbarra l’onda della vita
e i pensieri si fanno tazza d’arsura
per raccogliere un’altra goccia di tempo.
Appena che...
La luna sorride sorniona
alla notte che culla il mio sonno.
Al primo bussare del giorno,
appena che,
impallidendo, scompare,
apro la finestra:
Il mattino
rotolando dentro la mia stanza
raccoglie tutti i miei sogni
per caricarli sul calesse del destino.
Vorrei anch’io andarmene con loro,
ma i miei pensieri si perdono
dentro un spicchio di cielo
e d’un battere d’occhi per svegliarmi.