Bruno Centomo
Nationality: 159
Email: bruno.centomo@virgilio.it
Nationality: 159
Email: bruno.centomo@virgilio.it
Bruno Centomo
Nato nel 1960, vivo a Santorso (VI).
Poeta, narratore, ho pubblicato i volumi di poesia "e la nuvola leggera"(BM Schio,1981), "Rumori Modesti"(BM Schio,1996), “Mottetti d’Elena”(Fabris Carrè,2004), “La neve e altrove” (Freaks Faenza,2012), “Le case di carta”(L’Ortica Forlì,2016) e il volume di racconti “Cento per cento-cento storie di cento parole” (BookSprint Salerno 2012).
Liriche e racconti sono presenti in antologie, sillogi nazionali, riviste e siti Internet.
Ho ricevuto premi e segnalazioni in numerosissimi concorsi letterari, ho partecipato ad eventi letterari ed artistici in varie città italiane.
Sono in Giuria al Premio letterario "Città di Silea". Collaboro col cantautore Leonardo Buonaterra.
Testi e notizie su: https://www.facebook.com/bruno.centomo
PARLAR LEGGERO (lettera del condannato a morte)
[…] Vivi in questo mondo
come se fosse la casa di tuo padre.
Credi al grano, alla terra, al mare,
ma prima di tutto ama l’uomo. […]
Narim Hickmet, dal carcere, “Ultima lettera al figlio”
Voglio parlare leggero. Colmare le notti
di acerbe nuvole sottili che non possiedo.
Io a te dei bagliori sopra l’acqua,
di stelle dentro campi arati,
del sole che non respiro
e delle ore che si fasciano d’inutili sogni.
Nella gabbia, ripiegato mi acquatto
ad ascoltare questo crucciato giorno
che appena indovino tra le sbarre.
Sono distante dalle stagioni,
lontano dalle mie lacrime
e da quelle veloci del mondo.
Appena dietro il rantolio invadente
sullo scoglio di onde sfacciate,
mi invento giaciglio, turbinio,
vela che rincorre rotta di domani.
Ma domani non avrò più tempo.
E parrà grido, timido fischio di passero,
quando preghiera gemerà salvezza.
Se ne berrà tristemente l’odore
mentre l’attesa si farà delirio.
Verrà ugualmente giorno,
confine ultimo. Unto di libertà.
BRICIOLE ALLA NOTTE
Getto briciole alla notte,
per sfamare questo ululato di cani,
queste stelle ricoperte d’alghe
che si frangono alle nuvole.
Sono pensieri umili, ami per la pesca,
pane duro per il Mondo che teniamo
sotto le lampade accese.
Leggo tutte le gocce d’acqua
che ho smarrito, le lacrime che ho dato,
i baci che rimpiango.
Sono in tempo per raccogliere una poesia?
Tessere la luce che disfarà l’orizzonte,
distillare il silenzio dal vento,
tra pieghe d’anni riponendo boccioli?
CHICCHI DI ROSARIO
“La mia poesia è alacre come il fuoco
trascorre tra le mie dita come un rosario.[…]”
Alda Merini da “La volpe e il sipario”
Potrei, riparando dai volteggi d’esistenza,
sulla carta confusamente recitare
la mia anima, e la mia pancia far riposare.
Potrei stare stancamente narrando
sulla soglia di me stesso,
oppure farmi condurre da nuvole ruggenti
come da condanne dovessi fuggire.
Potrei allora al destino credere o meno,
stringendo nelle tasche le rune della sorte,
ma premure o sventure raccogliendo
per strade polverose e sconosciute.
Ma certo queste parole vorrei vestire
di rumori affaticati, di colori gemelli,
di odori balbettati e lacrime silenziose.
E di ognuna così potrei ricordare
il battito di mani di bambini festanti
cui ci si abbandona sorridendo,
il tramonto inaspettato, la fatica consumata,
il dolore ovunque gridato e sussurrato.
Una lunga preghiera che tace,
ama, detesta, improvvisa, ride,
ruba, sconquassa, dorme.
E, povera e splendida, posa. La vita.
IN VIAGGIO
“Approdo? non c’è approdo c’è il viaggio appena.[…]”
Mario Luzi da “Per il battesimo dei nostri frammenti”
Mi trovi, fatto il giro del mondo,
puntuale agli sventolii di stelle,
pronto a ruotare attorno al filo steso.
Ad ogni giro più vecchio e solo,
attaccato a sgangherate radici,
sommerso da abbruttite foglie,
dentro improvvisati vestiti
di dolorosa terraferma.
Sognasse Magellano coltivare
da qualche parte un orto?
Temesse Ulisse dall’orlo estremo
dell’Universo sporgersi troppo?
E tacere invano la paura,
temere lo scoglio delle cose,
non la costanza delle idee.
Si potrebbe scavare una fossa
per sbucare dall’altra parte.
Servirebbe per il viaggio,
se mai un giorno,
mancassero tempo e forze.
QUANDO GLI ALTRI DORMONO
Basta passare la soglia,
traversare gli odori di cibo e bucato
e riconoscere i muri bianchi,
i quadri appesi, le tendine sdrucite.
Respirare l’aria un po’ fredda di vento
rimasta intrappolata dall’inverno passato.
Basta contare gli spifferi
liberati dalle imposte tarlate,
scansare il cane che dorme sul tappeto,
raccogliere un gomitolo caduto,
sedersi alla tavola rimasta apparecchiata.
Trovare familiare il disordine quieto,
le tazzine sporche di caffé,
le macchie di vino e le briciole
disposte come petali di fiore.
E basta aspettare il primo raggio
proietti sotto la porta il suo bagliore.
Alzarsi, rimettere la sedia al suo posto,
soffiare sulla cenere smorta del camino
per ravvivare la fiamma indolore.
Uscire, rubando una crosta di pane,
l’attento invisibile sapore.
Ricordato da una fotografia,
dentro nuvole lacerate
per quel che sono stato,
ciò per cui ho vissuto.